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LA FISIOANALOGIA®: UNA DISCIPLINA RIVOLUZIONARIA

Dagli studi di Stefano Benemeglio, la disciplina che si occupa di analizzare le derive della sofferenza emozionale sul corpo

"Uno dei grandi obiettivi del genere umano dovrebbe essere la morte naturale. La morte per malattia è una dinamica sbagliata, non fisiologica, segnale di malfunzionamento del sistema emotivo dell'individuo. Il negoziato analogico, modalità di intervento tipica del problem solving di tipo analogico,si rivela essere una valida soluzione nell'interruzione di questo meccanismo errato." - S. Benemeglio

COME PUÒ LA SOFFERENZA EMOTIVA TRASFORMARSI IN DOLORE FISICO?


Comprendere il concetto di malattia secondo l’ottica di analisi di Stefano Benemeglio, psicologo e ricercatore nel campo del comportamento umano, richiede la definizione di alcuni passaggi ritenuti necessari ai fini di un’analisi corretta.

Primo fra tutti appare evidente la necessità di prendere in esame le differenti modalità di interpretazione della malattia secondo l’opinione allopatica, ossia secondo la medicina tradizionale, e quella della medicina definita “alternativa”. Questo allo scopo di fornire elementi di valutazione utili a comprendere l’innovazione racchiusa nel concetto di Fisioanalogia®, oggetto di questo articolo, e delle teorie sul disagio sviluppate da Stefano Benemeglio.

La malattia in senso medico è considerata come un’alterazione della funzionalità dell’organismo rispetto a parametri di riferimento in presenza dei quali un soggetto può essere considerato “in salute”. Tali parametri sono sempre oggettivamente misurabili e quantificabili, si tratta infatti di elementi quali la pressione sanguigna, la temperatura corporea, etc.

In quanto scienza, la medicina tradizionale possiede criteri di valutazione fortemente logici ed oggettivi. Spesso l’aspetto emotivo, il cui carattere è per sua natura mutevole, non viene tenuto in considerazione nel processo che conduce alla produzione e allo sviluppo del malessere. Ciò porta la medicina tradizionale a considerare la manifestazione del sintomo in qualità di fenomeno per il quale è possibile fornire una spiegazione scientificamente capace di dimostrare come alterazioni chimiche, biologiche, genetiche, siano in grado di influenzare lo stato di salute dell’individuo conducendolo verso lo stato di malattia.

La cura concepita in questi termini non è da considerarsi un approccio sbagliato, ma appare evidente come tralasci alcuni fattori soggettivi che invece producono una forte influenza sulle prospettive individuali di guarigione dal male.  

Per questo il concetto di cura medica sposato dalla medicina tradizionale risulta essere in diverse circostanze inadeguato e limitato, soprattutto se posto di fronte all’oggettiva e rapida evoluzione che la società contemporanea subisce ogni giorno. Quest’ultimo elemento rappresenta sempre più spesso un ostacolo per la medicina in questo senso concepita, la quale richiede tempi talvolta lunghi per l’elaborazione di soluzioni alternative a quelle già esistenti che siano capaci di colmare le lacune del presente e offrire prospettive di guarigione per un numero sempre maggiore di casi.

È in virtù di questo limite che il panorama della guarigione dal malessere si è arricchito di punti di vista alternativi, capaci di apportare un contributo diverso da quello fino a quel momento fornito dalla medicina convenzionale.

Lo sviluppo di metodi e soluzioni, che oggi è possibile ricondurre alla macro categoria della medicina alternativa, integrativa e omeopatica, ha conosciuto negli ultimi anni una crescita vertiginosa per diverse ragioni.


Il clima di grande cambiamento in cui il mondo verte allo stato attuale spinge la sua popolazione verso la ricerca, l’analisi e la comprensione della propria realtà interiore con l’obiettivo del benessere in ogni sua possibile accezione. La tendenza verso la scoperta del sé e dei meccanismi che muovono il proprio agire portano quindi gli individui a confrontarsi anche con le proprie carenze, con i propri personali conflitti, che spesso trovano connessione con i più conosciuti disagi di natura psichica. Tra attacchi d’ansia e di panico, tra fobie e timori infondati che bloccano l’agire, trovano posto forme di malessere più acute come la malattia organica e le somatizzazioni funzionali, delle quali spesso si cerca risposta in contesti che siano in grado di offrire un’alternativa all’approccio tradizionale proposto dalla medicina convenzionale.

L’affidarsi a punti di vista differenti è guidato dalla necessità di trovare una via verso la guarigione che non presenti le defaillance che la cura tradizionale ha per alcuni rappresentato un fallimento del processo di risoluzione del male stesso.

A decretare oggi il successo di queste nuove possibili frontiere della cura, considerata nella sua più ampia accezione, è probabilmente la capacità di considerare l’essere umano nella sua globalità e non solo come un sistema meccanico i cui guasti possono essere riparati facendo ricorso a modalità e soluzioni univoche.

Senza addentrarsi eccessivamente nel merito di ciascuna possibile accezione di cura oggi concepita e proposta che si distacchi da quella tradizionale di matrice allopatica, ci si limita in questa sede a considerare esclusivamente il ruolo che gli studi benemegliani in tema di malattia e di guarigione dal malessere, battezzati con il nome di Fisioanalogia®, rivestono nel vasto panorama delle discipline alternative.


CHE COS'È LA MALATTIA SECONDO GLI STUDI DI STEFANO BENEMEGLIO?


La Fisioanalogia concepisce la malattia come una richiesta di aiuto proveniente da quella parte dell’individuo che, sofferente per gli episodi topici del passato che hanno favorito la produzione di “ristagni energetici”, chiede attraverso la malattia stessa di essere ascoltata.

Il grido di allarme lanciato dalla parte emotiva è pertanto concepito come segnale di un malfunzionamento che riguarda le dinamiche emotivo-comportamentali specialmente per ciò che riguarda il disagio e la sua interpretazione.

Che significato ha la malattia all’interno del sistema mentale dell’individuo? Perché la mente umana finisce per produrre lo stato di malattia?

Alla luce delle più evolute teorie in tema di disagio e malessere dell’anima elaborate dagli studi benemegliani, la malattia si configura anche come una possibile soluzione alla necessità naturale dell’individuo di realizzare un equilibrio tra gli stati emotivi del passato e quelli del presente, quasi ci fosse costantemente bisogno di riprodurre nel presente contingente le medesime condizioni emotive protagoniste del passato.

Purtroppo questo livellamento non sempre si realizza in maniera “sana”, ossia attraverso il reperimento di emozioni dai diversi frangenti che vedono coinvolto l’individuo nella vita quotidiana. Non dimentichiamo infatti che le emozioni, intese nella loro accezione più ampia possibile (gioie e dolori), sono il motore trainante della vita dell’individuo.

Spesso la carenza di motivazione, di entusiasmo, di situazioni ad alto contenuto emotivo, porta l’individuo a non disporre delle dovute fonti di alimentazione emotiva, necessarie per garantire un sano equilibrio. Laddove vi è una carenza, la mente umana si trova priva di energia propulsiva per affrontare la vita nella maniera corretta e non può fare altro che sopperirvi con la realizzazione “forzata” di un equilibrio energetico. L’unico modo a sua disposizione per concretizzare questo equilibrio è l’aggiunta di un tassello “artificiale” atto a colmare il gap esistente. Tale modalità tuttavia risulta essere nociva per l’individuo, in quanto dando per assodato che la nostra parte emotiva è ingorda di emozioni al punto tale da cibarsene in qualunque forma esse si presentino (positive o negative che siano), la realizzazione del necessario equilibrio avviene attraverso lo sviluppo di un sintomo, catalizzatore dell’attenzione dell’individuo senza eguali. Il sintomo potrà assumere le sembianze di un comune disturbo dell’emotività e del comportamento (ansia, angoscia, attacchi di panico, fobie, etc.), o di disagio ben più profondo, quale può essere la malattia organica o funzionale.


Anche il nostro pensiero, inteso come elemento creatore, ha il suo peso.

Il primo presupposto sul quale si fonda la ricerca benemegliana è infatti sicuramente quello secondo il quale sia il pensiero, a causa delle alterazioni che esso subisce, a produrre la scintilla nociva della malattia e non il contrario.

Questo dato è senza dubbio quello più complesso da accettare, essendo la società occidentale, e pertanto noi che ne facciamo parte, costruita su una matrice prettamente razionale che attribuisce valore solo a ciò che può trovare spiegazione in una adeguata relazione di causa-effetto. Tuttavia ciò rappresenta talvolta un forte limite e si scontra con dinamiche che invece muovono altre impostazioni societarie, prima fra tutte quella orientale, che non escludono l’importanza e l’influenza che i flussi energetici, nonostante il loro carattere intangibile, siano in grado di produrre in diversi frangenti, compreso quello della salute corporea.

Sposando il concetto dei flussi energetici Stefano Benemeglio dà così il via alla sua personale analisi in tema di relazione mente-corpo, affermando che la mente umana è un grande accumulatore e produttore al tempo stesso di particelle energetiche.

L’energia prodotta dalla mente, e quindi dal pensiero, viene distribuita in tutto il corpo, raggiungendo, al pari del sangue, ogni singola cellula e terminazione.

Il veicolo che permette alla mente umana di trasportare per l’intero organismo questa energia è lo STRESS.

Lo stress, secondo la concezione benemegliana, è inteso in qualità di accumulo energetico non espletato e rimasto inespresso.


La mancata espressione di questa energia comporta la produzione di un “nodo” che impedisce il corretto fluire dell’energia e ne condiziona perfino la qualità. La presenza di questi “nodi”, rappresentativi di accumuli energetici inespressi, favorisce la produzione di energia cattiva, capace di aprire le porte allo stato di malessere.

I cumuli energetici inespressi sono concretamente rappresentati da tutti quegli episodi della vita in cui l’individuo ha dovuto reprimere sentimento (pathos) o risentimento (reattività) non avendo avuto, per i più svariati motivi, la possibilità di espletarli nei confronti di qualcosa o di qualcuno al momento opportuno.

Seppur il concetto di stress sia sempre concepito come portatore di connotati negativi, esistono alcune forme stressogene capaci di divenire elemento funzionale per la conduzione di una vita all’insegna del benessere emotivo e personale.

Lo stress considerato positivo e comunemente conosciuto come “eustress” rappresenta infatti un elemento indispensabile nella dimensione quotidiana di ciascun individuo configurandosi come importante elemento motivazionale, almeno fintanto che non si manifesta sottoforma di effetti sintomatici anticamera di malessere. Secondo Stefano Benemeglio, quando l’accumulo energetico di Sentimento o Risentimento represso diviene eccessivo, lo stress fino a quel momento considerato elemento propulsivo si trasforma in elemento negativo che assume l’accezione di “distress”.


l passaggio da forme di “eustress” a forme di “distress” coincide con l’avvento di una condizione di scissione nel sistema mentale dell’individuo, caratterizzato dalla perdita della corretta relazione di causa-effetto nell’analisi dei problemi che lo vedono coinvolto nella vita quotidiana.

Si può affermare che la condizione di scissione sia senza ombra di dubbio la condizione necessaria per lo sviluppo della malattia nelle sue diverse possibili manifestazioni.

Laddove infatti l’individuo si ritrovi travolto dalle avversità della vita e finisca con l’ incaponirsi sulla ricerca delle cause del suo malessere anziché sulle soluzioni che potrebbero essere funzionali alla risoluzione dello stesso disagio, egli cade in un spirale che lo conduce ad avere una percezione distorta della realtà, così distorta da portarlo a credere di essere il responsabile diretto della propria sofferenza. Ecco che in questo modo tutta l’energia positiva e propulsiva si trasmuta in energia nociva che, veicolata da uno stress a sua volta tossico, finisce con l’intaccare nei casi più estremi anche gli organi, coinvolgendoli nel processo di deterioramento tipico dell’aberrazione.    

A questo punto la malattia diviene spia di un mondo interiore che va in frantumi, messaggera di un malessere che fino a quel momento non era visibile agli occhi ma solo pura percezione dell’individuo.


Come può l’intervento di tipo “analogico”, ossia basato sulle prassi e gli strumenti propri degli studi benemegliani, interrompere questo meccanismo nocivo e ristabilire un sano equilibrio?


È possibile strutturando un tipo di intervento che consenta il rafforzo delle energie propulsive a discapito di quelle nocive proprie dell’aspetto Inverso. Ciò è realizzabile attraverso i processi di celebrazione, tipici della ristrutturazione emozionale di matrice analogica, che favoriscono la decompressione del Sentimento e del Risentimento represso causa di sofferenza grazie alla possibilità di prendere in considerazione eventi ed episodi che ne sono protagonisti.

In questo modo la fisioanalogia focalizza l’attenzione operativa sull’attivazione delle energie propulsive presenti in ciascun individuo anziché sulla cura della malattia quale bersaglio diretto. È solo attraverso il rafforzo delle energie del benessere e della salute che l’individuo può combattere davvero e con tutte le armi possibili contro il malessere, la malattia e la morte.

Un proficuo dialogo con la parte emotiva è la soluzione al malessere, il qualunque forma esso si manifesti.

Per informazioni dettagliate sul metodo di Stefano Benemeglio contattare: info@centroipnosidinamica.it o il Numero Verde gratuito 800.33.33.77.

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